Case mobili in legno chiavi in mano: il trattamento IVA

L’Agenzia delle entrate esamina il trattamento IVA della cessione di case prefabbricate modulari ”chiavi in mano” da parte di un soggetto passivo UE a un cliente privato italiano (Agenzia delle entrate, risposta 4 dicembre 2025, n. 304).

L’Istante è un soggetto passivo IVA registrato in uno Stato Membro dell’UE, che aderisce al regime One Stop Shop (OSS) e svolge l’attività di produzione di case a telaio e di case modulari prefabbricate. La Società vende tali prodotti a persone fisiche, non soggetti passivi IVA, residenti in Italia, i quali richiedono l’applicazione delle aliquote IVA agevolate del 4 e del 10%.
L’Istante chiarisce che una casa modulare, diversamente da una casa a telaio, è un prodotto completamente finito: al suo interno sono istallati impianti elettrici, idrici, fognari, ventilazione e tutti i lavori di costruzione e finitura vengono eseguiti direttamente presso lo stabilimento di produzione.

Le case modulari sono completamente pronte per essere abitate. Al riguardo, dunque, i quesiti posti sono:

– se sia possibile assoggettare la cessione di una casa modulare alle aliquote ridotte del 4% e del 10% a seguito del rilascio, da parte del cliente, di una dichiarazione in cui attesta il possesso dei requisiti per l’applicazione di dette aliquote;

– se occorra registrare le relative fatture di vendita presso l’Agenzia delle entrate o altro ente in Italia;

– quali sono le conseguenze in cui incorre nell’ipotesi di applicazione dell’aliquota agevolata sulla base di una dichiarazione/attestazione del cliente rivelatasi falsa.

 

In risposta, l’Agenzia ricorda che l’aliquota IVA agevolata del 4 o del 10% si applica quando l’operazione ha per oggetto una casa costruita e completa, idonea all’uso abitativo, sulla base di un contratto di appalto, stipulato tra l’impresa costruttrice e il cliente. Non è assoggettabile ad aliquota ridotta il mero acquisto dei singoli pezzi.

Dalle informazioni fornite risulta che il cliente acquista una casa “chiavi in mano”, descritta come “case mobili in legno chiavi in mano che uniscono design, autonomia e affidabilità”, utilizzabile come una dimora con la qualità di un’abitazione permanente. La consegna richiede 2/4 giorni, e il posizionamento sulle fondamenta avviene generalmente utilizzando una gru da cantiere per carichi pesanti. Tali caratteristiche inducono a ritenere che la casa modulare in questione sia un bene immobile ai sensi dell’articolo 13-ter, lettera b), del Regolamento di esecuzione UE n. 282/2011. Un bene immobile, ai sensi di tale articolo, è un fabbricato eretto sul suolo o ad esso incorporato che non sia agevolmente smontabile né agevolmente rimuovibile.

L’intenzione di usare la casa come abitazione permanente è preminente quando il cliente chiede l’applicazione dell’aliquota IVA al 4% (agevolazioni prima casa).

Le operazioni di installazione/ancoraggio al suolo, e al pari quelle di smontaggio, richiedono l’impiego di gru, un rimorchio, un camion ecc. e personale qualificato, e pertanto la casa non può essere considerata facilmente smontabile o spostabile. Di conseguenza, le case modulari sono beni immobili, e la loro cessione rientra nel regime naturale dell’esenzione IVA di cui all’articolo 10, primo comma, n. 8-bis) del Decreto IVA.

La cessione è soggetta a imponibilità solo se la Società è considerata impresa costruttrice; in tal caso, ricorrendone le condizioni, può applicare le aliquote agevolate del 4 o del 10%. Resta inoltre fermo l’obbligo di censimento presso il catasto fabbricati per le costruzioni ancorate o fisse al suolo o i manufatti prefabbricati stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale.

 

Trattandosi di beni immobili, la Società non può avvalersi del sistema OSS, in quanto quest’ultimo è riservato alle vendite a distanza di beni mobili. L’Istante è tenuto ad assolvere i relativi adempimenti IVA ricorrendo all’identificazione diretta, ai sensi dell’articolo 35-ter del Decreto IVA, oppure alla nomina di un rappresentante fiscale.

 

In caso di dichiarazione mendace nell’atto di acquisto da parte dell’acquirente, si applicano le disposizioni della nota II-bis, articolo 1 della Tariffa allegata al TUR.

L’ufficio dell’Agenzia delle entrate deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata. Devono inoltre essere irrogate la sanzione amministrativa, pari al 30% della differenza medesima e gli interessi di mora. Mentre, nessuna sanzione è dunque prevista in capo alla Società.

Regime piccole imprese: modalità e termini per l’attribuzione del numero di identificazione EX

L’Agenzia delle entrate apporta modifiche al precedente provvedimento n. 460166/2024, il quale reca disposizioni attuative del D.Lgs. n. 180/2024, riguardante il regime speciale per le piccole imprese (attuazione della direttiva (UE) 2020/285) e le modalità di trasmissione della comunicazione preventiva (Agenzia delle entrate, provvedimento 4 dicembre 2025, n. 551770).

La modifica specifica riguarda il punto 7.4, secondo periodo, del provvedimento n. 460166/2024. Le parole “Dalla data di trasmissione agli Stati di esenzione” sono sostituite con le seguenti: “Dalla data di ricevimento della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate”. Tale modifica, al fine di chiarire la tempistica per l’ammissione al regime di franchigia, precisa il termine di 35 giorni lavorativi per l’assegnazione del suffisso EX decorre dalla ricezione della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate. 

Per avvalersi del regime di franchigia in uno Stato di esenzione, i soggetti stabiliti nel territorio dello Stato sono tenuti a effettuare una comunicazione preventiva all’Agenzia. Questa comunicazione è finalizzata all’ottenimento del numero di identificazione EX.
La comunicazione preventiva è trasmessa dal soggetto stabilito attraverso i servizi online dell’Agenzia delle entrate. Essa deve contenere diverse informazioni, tra cui: codice fiscale, denominazione, natura giuridica, domicilio fiscale, attività prevalente/secondarie, dichiarazione di non essere registrato al regime SME-SS in altro Stato di stabilimento, gli Stati di esenzione in cui si intende avvalersi del regime, eventuali altri identificativi IVA, e il volume d’affari nel territorio dello Stato e nei singoli Stati dell’Unione europea nei due anni civili precedenti e nel periodo dell’anno civile in corso precedente la comunicazione preventiva.

Se gli Stati di esenzione hanno soglie differenziate per settori, i volumi di affari devono essere indicati distintamente per ciascun settore.
La comunicazione preventiva può essere trasmessa anche da un intermediario con delega alla consultazione del Cassetto fiscale del richiedente.

La trasmissione della comunicazione preventiva è consentita a decorrere dal 1° gennaio 2025.
La trasmissione è preclusa ai soggetti stabiliti:

  • il cui volume d’affari nel territorio dell’Unione europea sia stato superiore a 100.000 euro nell’anno civile precedente la comunicazione;
  • il cui volume d’affari nel territorio dell’Unione europea sia stato superiore a 100.000 euro nel periodo dell’anno civile in corso fino al momento della trasmissione;
  • il cui volume d’affari nello Stato di esenzione indicato nella comunicazione sia superiore al massimale previsto dalla direttiva SME-SS per ogni singolo Stato.

La correzione di una comunicazione preventiva già trasmessa è consentita entro il termine di cinque giorni lavorativi dalla data di trasmissione. Dopo tale termine, la correzione è inibita fino alla ricezione del riscontro della comunicazione già inviata da parte degli Stati di esenzione.
I soggetti autorizzati devono effettuare l’aggiornamento della comunicazione preventiva se interviene una variazione delle informazioni fornite, quando intendono avvalersi del regime in Stati membri differenti da quelli già indicati, oppure quando decidono di cessare l’applicazione del regime di franchigia in uno o più Stati di esenzione.
La comunicazione preventiva è predisposta e trasmessa mediante la procedura web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
L’Agenzia delle entrate esegue controlli formali in fase di compilazione e controlli successivi alla trasmissione. Superati i controlli, l’Agenzia trasmette la comunicazione o l’aggiornamento agli Stati di esenzione. Il termine per l’ammissione decorre dalla data di ricevimento della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate.
L’Agenzia attribuisce al soggetto stabilito il numero di identificazione EX all’esito positivo del riscontro di almeno uno Stato di esenzione, o alla decorrenza dei termini per mancata risposta da parte degli Stati di esenzione. La procedura web permette la consultazione delle comunicazioni inviate, la correzione, e la consultazione delle ricevute relative agli esiti istruttori e di riscontro.

Utilizzo credito da DTA da parte del cessionario: la compensazione non rientra tra le modalità consentite

Con la risposta del 4 dicembre 2025, n. 300, l’Agenzia delle entrate si è soffermata sulla cessione dei crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA).

L’istante ha acquistato dalla crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle imposte anticipate (DTA) di cui all’articolo 2, commi da 55 a 58, del D.L. n. 225/2010. I crediti, chiesti a rimborso in dichiarazione, sono stati ceduti all’istante ai sensi dell’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973.
L’istante, in qualità di cessionaria, chiede se sia possibile utilizzare tali crediti da trasformazione delle DTA in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997. In particolare, chiede se sia possibile estendere al caso concreto l’orientamento espresso con la risoluzione n. 32/E/2025, resa nell’ambito della cessione dei crediti d’imposta da trasformazione delle DTA operata ai sensi dell’articolo 44-bis del D.L. n. 34/2019. L’istante chiede, inoltre, se sia corretto esporre i crediti ricevuti all’interno del quadro RU del Modello Redditi SC per consentire l’indicazione dell’ammontare dei crediti utilizzati in compensazione.

 

L’Agenzia fa presente che l’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973, che disciplina la cessione dei crediti, prevede che “le disposizioni degli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, si applicano anche alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi“. La norma stabilisce inoltre che “il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione“.

 

Richiamando la risposta ad interpello n. 253/2025, in tema di cessione di crediti da DTA ex articolo 44-bis del D.L. n. 34/2019, è stato chiarito che l’articolo 43-bis disciplina espressamente le cessioni dei crediti chiesti a rimborso e prevede l’altrettanto espresso divieto di ulteriore cessione.
Secondo l’orientamento già espresso “il cessionario potrà, pertanto, solo monetizzare l’importo del credito acquistato, mediante incasso delle somme oggetto di rimborso senza possibilità di utilizzo in compensazione né di ulteriore cessione”. Tale principio è stato ribadito con la successiva risposta ad interpello n. 259/2025. In questa risposta è stato precisato che “l’acquisto di un credito chiesto a rimborso esclude non solo la possibilità di ulteriore cessione, ma anche la compensazione dello stesso ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997”. Di conseguenza, la compensazione non rientra tra le modalità di utilizzo del credito da DTA da parte del cessionario che ha acquistato il credito ai sensi dell’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973.

 

L’Agenzia ritiene, dunque, che la possibilità di utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997 un credito ceduto ai sensi dell’articolo 43-bis del D.P.R. n. 602/1973 è esclusa nel caso di specie.